Nonostante la letteratura di viaggio sia ormai un terreno di studi consolidato, cui sono dedicati persino autonomi spazi di ricerca (corsi universitari, riviste, collane editoriali), per quanto attiene al pellegrinaggio in Terrasanta in epoca medievale la prospettiva di genere sinora non è stata, perlomeno a mio avviso, esperita in una prospettiva fruttuosa. Una ricerca sul pellegrinaggio femminile è resa indubbiamente più difficile dall’assenza di fonti prodotte da donne. L’unico resoconto di pellegrinaggio a Gerusalemme scritto da una donna cristiana nel Quattrocento è The Book of Margery Kempe, considerato la prima auto-agiografia inglese. Per la sua eccezionalità è quindi un documento da affrontare con cautela. Se è vero che ‒ in un certo senso ‒ ogni documento possiede una sua unicità, non possiamo certo considerare una santa, o una mistica (o un santo/mistico), portatori di esperienze comuni. Per questo ritengo che prendere le informazioni del Book of Margery Kempe come indicative di una “modalità spirituale femminile” di vivere il pellegrinaggio sia arbitrario. Tra le rarissime testimonianze femminili in prima persona, possiamo citare pure le Revelationes di Brigida di Svezia (pellegrina nel 1371), o un brevissimo testo di Isolda Parewastell (a Gerusalemme nel 1363). In generale, molte delle edizioni di fonti odeporiche e degli studi sul pellegrinaggio in Terrasanta, dichiaratamente o meno, hanno come obiettivo principale l’elencare eventi bizzarri e curiosità, ma purtroppo limitarsi all’aneddotico impedisce di interpretare le testimonianze senza fraintenderle. Un esempio tra tanti: nel leggere che un pellegrino cita, nei pressi di Pola, la ‘torre di Orlando’, si potrebbe ritenere che costui abbia fatto letture cavalleresche, o almeno che conosca una leggenda sul paladino. Se però, invece di uno o due resoconti, se ne leggono un centinaio, si comprende che erano i marinai, dalla nave, a indicare ai passeggeri quelli che erano considerati i luoghi di maggiore interesse (tra i quali la torre di Orlando). Purtroppo una comparazione sistematica delle fonti non è praticata, e per questo motivo, a oggi, le informazioni ricavate dai resoconti odeporici restano molto sotto- e male- utilizzate. Ciò vale anche per gli approcci di genere. Il contributo vuole offrire, tramite l’analisi di fonti odeporiche (un corpus di oltre 100 testi, dal 1320 al 1512, scritti da pellegrini italiani, francesi, tedeschi, fiamminghi, inglesi, spagnoli, svizzeri), sia informazioni sull’esperienza del pellegrinaggio femminile, sia riflessioni sulla tipologia di informazioni che le fonti forniscono (o non forniscono), e ipotesi di lavoro per ovviare alla reticenza delle fonti.

La partecipazione femminile al pellegrinaggio gerosolimitano (secoli XIV-XV)

saletti beatrice
2017-01-01

Abstract

Nonostante la letteratura di viaggio sia ormai un terreno di studi consolidato, cui sono dedicati persino autonomi spazi di ricerca (corsi universitari, riviste, collane editoriali), per quanto attiene al pellegrinaggio in Terrasanta in epoca medievale la prospettiva di genere sinora non è stata, perlomeno a mio avviso, esperita in una prospettiva fruttuosa. Una ricerca sul pellegrinaggio femminile è resa indubbiamente più difficile dall’assenza di fonti prodotte da donne. L’unico resoconto di pellegrinaggio a Gerusalemme scritto da una donna cristiana nel Quattrocento è The Book of Margery Kempe, considerato la prima auto-agiografia inglese. Per la sua eccezionalità è quindi un documento da affrontare con cautela. Se è vero che ‒ in un certo senso ‒ ogni documento possiede una sua unicità, non possiamo certo considerare una santa, o una mistica (o un santo/mistico), portatori di esperienze comuni. Per questo ritengo che prendere le informazioni del Book of Margery Kempe come indicative di una “modalità spirituale femminile” di vivere il pellegrinaggio sia arbitrario. Tra le rarissime testimonianze femminili in prima persona, possiamo citare pure le Revelationes di Brigida di Svezia (pellegrina nel 1371), o un brevissimo testo di Isolda Parewastell (a Gerusalemme nel 1363). In generale, molte delle edizioni di fonti odeporiche e degli studi sul pellegrinaggio in Terrasanta, dichiaratamente o meno, hanno come obiettivo principale l’elencare eventi bizzarri e curiosità, ma purtroppo limitarsi all’aneddotico impedisce di interpretare le testimonianze senza fraintenderle. Un esempio tra tanti: nel leggere che un pellegrino cita, nei pressi di Pola, la ‘torre di Orlando’, si potrebbe ritenere che costui abbia fatto letture cavalleresche, o almeno che conosca una leggenda sul paladino. Se però, invece di uno o due resoconti, se ne leggono un centinaio, si comprende che erano i marinai, dalla nave, a indicare ai passeggeri quelli che erano considerati i luoghi di maggiore interesse (tra i quali la torre di Orlando). Purtroppo una comparazione sistematica delle fonti non è praticata, e per questo motivo, a oggi, le informazioni ricavate dai resoconti odeporici restano molto sotto- e male- utilizzate. Ciò vale anche per gli approcci di genere. Il contributo vuole offrire, tramite l’analisi di fonti odeporiche (un corpus di oltre 100 testi, dal 1320 al 1512, scritti da pellegrini italiani, francesi, tedeschi, fiamminghi, inglesi, spagnoli, svizzeri), sia informazioni sull’esperienza del pellegrinaggio femminile, sia riflessioni sulla tipologia di informazioni che le fonti forniscono (o non forniscono), e ipotesi di lavoro per ovviare alla reticenza delle fonti.
2017
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