Pochi studi hanno indagato quali possano essere i fattori personali e sociali che predicono la fine delle violenze e sui quali bisognerebbe investire per sostenere le donne nel loro percorso di liberazione. Obiettivo della ricerca è esaminare in quali condizioni le donne riescono ad uscire dalla violenza del partner e quali ostacoli trovano in questo percorso. Lo studio è multi-metodo e i dati raccolti sono relativi a donne che si sono rivolte a 5 centri antiviolenza del Nord Italia. I risultati quantitativi hanno rilevato che la presenza di figli/e è un elemento chiave nel percorso delle donne: quando condividevano figli/e con il maltrattante, era più probabile che continuassero a subire violenza anche dopo la separazione: 18 mesi dopo il primo contatto, la violenza era significativamente diminuita o cessata per il 98% delle donne senza figli, per l’84% di quelle con un figlio e solo per il 55% di quelle con due o più figli. I risultati qualitativi hanno mostrato che le donne intervistate erano state attive nel reagire alla violenza, separandosi dal partner e rivolgendosi ad un centro antiviolenza. Tuttavia, servizi sociali e organi giudiziari spesso ostacolano questo percorso in nome del principio di bi-genitorialità e della credenza che una figura paterna, anche se violenta, sia necessaria. In particolare, è emerso che: obbligano donne e figli/e a incontrare gli ex partner/padri violenti anche a costo di metterli in pericolo; favoriscono sempre e comunque la relazione padre-figlio/a; aderiscono a pseudo-teorie quali la Sindrome d’Alienazione Parentale (SAP) o Alienazione Parentale (AP). Paradossalmente, sembra che quando una donna vittima di violenza manifesta agency, provochi l’irritazione di operatori ed operatici e si scontri con una scarsa volontà di aiutarla in modo efficace.
I percorsi di uscita dalla violenza del partner: ruolo dei figli, agency delle donne e ostacoli della società
Mariachiara Feresin
;Federica Bastiani;Patrizia Romito
2019-01-01
Abstract
Pochi studi hanno indagato quali possano essere i fattori personali e sociali che predicono la fine delle violenze e sui quali bisognerebbe investire per sostenere le donne nel loro percorso di liberazione. Obiettivo della ricerca è esaminare in quali condizioni le donne riescono ad uscire dalla violenza del partner e quali ostacoli trovano in questo percorso. Lo studio è multi-metodo e i dati raccolti sono relativi a donne che si sono rivolte a 5 centri antiviolenza del Nord Italia. I risultati quantitativi hanno rilevato che la presenza di figli/e è un elemento chiave nel percorso delle donne: quando condividevano figli/e con il maltrattante, era più probabile che continuassero a subire violenza anche dopo la separazione: 18 mesi dopo il primo contatto, la violenza era significativamente diminuita o cessata per il 98% delle donne senza figli, per l’84% di quelle con un figlio e solo per il 55% di quelle con due o più figli. I risultati qualitativi hanno mostrato che le donne intervistate erano state attive nel reagire alla violenza, separandosi dal partner e rivolgendosi ad un centro antiviolenza. Tuttavia, servizi sociali e organi giudiziari spesso ostacolano questo percorso in nome del principio di bi-genitorialità e della credenza che una figura paterna, anche se violenta, sia necessaria. In particolare, è emerso che: obbligano donne e figli/e a incontrare gli ex partner/padri violenti anche a costo di metterli in pericolo; favoriscono sempre e comunque la relazione padre-figlio/a; aderiscono a pseudo-teorie quali la Sindrome d’Alienazione Parentale (SAP) o Alienazione Parentale (AP). Paradossalmente, sembra che quando una donna vittima di violenza manifesta agency, provochi l’irritazione di operatori ed operatici e si scontri con una scarsa volontà di aiutarla in modo efficace.File | Dimensione | Formato | |
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